domenica 1 marzo 2009

» Capitolo VII (b)

Matteo cercò di alzarsi, ma Gheorge fu più rapido e un altro calcio lo fece rantolare per terra.
“Eviterei di fare l’eroe. Sfila dalla tasca dei pantaloni il libro e passamelo. Se farai come ti dico, non ti farò soffrire troppo.”
“Papà lascialo stare. Perché non prendi le mie pagine, il suo libro e ci lasci andare?”
Gheorge intanto aveva raccolto il coltello “Lasciarvi vivere e perché? Per trovarmi un segugio in più sulle mie tracce ed un figlio inutile? Oh no, te l’ho detto. Voglio chiudere con questa vita. Fatti fuori anche voi due, ripartirò da zero.”
“Sei pazzo se pensi di farla franca” disse Matteo tenendosi il fianco “ormai mezzo mondo sa che sei qui e non sarò l’unico segugio a darti la caccia. E poi solo un vigliacco come te può uccidere a sangue freddo il proprio figlio”.
Gheorge avvampò d’ira “Ora bastardo morirai”. Si avvicinò con passo deciso a Matteo, che tentò di mettersi in piedi, ma il dolore al fianco era insopportabile; quando vide alzarsi il pugnale su di lui pensò “E’ la fine, ho fallito” chiuse gli occhi in attesa del colpo mortale.
Un sparo lo fece sobbalzare, guardò Gheorge fermo davanti a lui. Una macchia di sangue iniziò a formarsi all’altezza della milza. Tentò di rimanere in piedi, mollo il coltello ed alla fine cadde supino. Matteo, incredulo, sforzandosi si alzò. Solo allora vide venire verso di lui Miriam.
“Grazie ti devo la vita.”
“Sono o non sono il tuo agente di supporto?” disse riponendo nella fondina la pistola.
Matteo sorrise. “Tieni d’occhio il bastardo, controllo come sta Robert.”
Alla vista della ragazza, Robert cedette alla tensione ed iniziò a piangere. Lei si inginocchiò e con un fazzoletto preso dalla tasca iniziò ad asciugargli le lacrime, bisbigliando frasi di speranza.
“Sono felice che abbia trovano una brava ragazza.” disse Gheorge girando la testa verso i due.
“Temo che non vivrai abbastanza per presenziare al loro matrimonio.”
“Ti sbagli gonnella. Tra un po’ il mio sangue smetterà di uscire e la mia ferità si chiuderà. Te l’ho già detto non è semplice uccidermi.”
Matteo prese il coltello da terra e disse “Allora rimedio subito tagliandoti la gola. Può bastare!” Gheorge rise, ma era una risata soffocata dal dolore. “Penso proprio di sì, ma prima che tu proceda, trascinami da mio figlio.”
“Perché dovrei?”
“Vuoi forse negare l’ultimo desiderio di un condannato a morte?”
Matteo guardò Gheorge, non si fidava di lui, ma alla fine acconsentì. Lo prese per le spalle e lo trascinò vicino a Robert, quel tanto che bastava per parlarsi, ma evitando che potesse toccarlo. Alla vista del padre ferito Robert provò un senso di pena, ma ricordò come aveva conciato Anne ed il sentimento svanì. “Figliolo voglio farti una confessione prima di morire?” “Chiami figliolo tutti quelli che tenti di uccidere?” Gheorge cercò di allungare un braccio, ma Matteo lo fermò “Non toccarlo.”
“Non voglio il tuo perdono o la tua pietà. In tutti questi anni ho sempre pensato solo alla vendetta e al modo di guadagnare denaro dalla formula. Non mi sono fermato davanti a nulla, te compreso. Ma Matteo ha ragione, non sarò mai libero. Dovrò sempre rinchiudermi in una prigione o per difendermi da quelli che mi vogliono morto o per ricevere protezione da quelli a cui servo vivo.”
“Ma sarebbe sempre una prigione con piscina” disse Matteo con un ghigno
“Ti sei giocato la libertà quando hai deciso di proteggere quei farabutti che chiami clienti.” disse Miriam.
Gheorge sospirò “Può darsi.”
“A cosa dobbiamo questo improvviso senso di coscienza, a cui non credo, sia chiaro?” disse Matteo.
“Quando ho visto Robert e Miriam insieme, ho pensato ai momenti felici passati con sua madre, proprio fra questi alberi e correndo sugli stessi prati. Ho capito che non esiste denaro che mi permetta di riavere quella vita. E se l’ho persa è stato solo per colpa del mio modo di vivere senza dar peso ai veri valori.”
“Belle parole” disse Miriam “peccato che non creda a nulla di quello che dici.”
“Guarda la mia ferita” disse togliendo la mano dal ventre “non sanguina più.”
Matteo vide che in effetti era così.
“Matteo prendi questo, voglio che lo tenga Robert” sfilò da una tasca della mimetica un libro.
“E’ quello che aveva il missionario?” chiese.
“Esatto.” rispose l'altro.
Matteo prese il libro e lo infilò nella tasca con l’altro.
Dal cottage intanto si iniziavano a udire delle voci. Il cambio della guardia doveva essere arrivato e lo spettacolo che avevano trovato, stava creando un bel trambusto.
“E ora, gonnella, fai ciò che devi, non voglio continuare a vivere così.” disse Gheorge.
Matteo si preparò a sferrare un colpo alla gola, ma qualcosa lo trattenne. Guardò Robert, e nei suoi occhi lesse che le parole del padre non avevano mutato l'odio e la paura. Poi rivolse lo sguardo su Miriam, che chinò subito il capo e, senza dire una parola, gli si avvicinò allungandogli la pistola. Matteo la prese e guardò ancora una volta, una dopo l'altra, le persone che aveva davanti e prese l'unica decisione davvero sensata.
Due spari rimbombarono tra l’oscurità degli alberi.

(Autore: Fabio Trenti)

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