lunedì 9 marzo 2009
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giovedì 5 marzo 2009
Il segreto dei Redmought
martedì 3 marzo 2009
Conclusione
» Epilogo (b)
domenica 1 marzo 2009
Molto vicini alla meta...
» Capitolo VII (b)
“Eviterei di fare l’eroe. Sfila dalla tasca dei pantaloni il libro e passamelo. Se farai come ti dico, non ti farò soffrire troppo.”
“Papà lascialo stare. Perché non prendi le mie pagine, il suo libro e ci lasci andare?”
Gheorge intanto aveva raccolto il coltello “Lasciarvi vivere e perché? Per trovarmi un segugio in più sulle mie tracce ed un figlio inutile? Oh no, te l’ho detto. Voglio chiudere con questa vita. Fatti fuori anche voi due, ripartirò da zero.”
“Sei pazzo se pensi di farla franca” disse Matteo tenendosi il fianco “ormai mezzo mondo sa che sei qui e non sarò l’unico segugio a darti la caccia. E poi solo un vigliacco come te può uccidere a sangue freddo il proprio figlio”.
Gheorge avvampò d’ira “Ora bastardo morirai”. Si avvicinò con passo deciso a Matteo, che tentò di mettersi in piedi, ma il dolore al fianco era insopportabile; quando vide alzarsi il pugnale su di lui pensò “E’ la fine, ho fallito” chiuse gli occhi in attesa del colpo mortale.
Un sparo lo fece sobbalzare, guardò Gheorge fermo davanti a lui. Una macchia di sangue iniziò a formarsi all’altezza della milza. Tentò di rimanere in piedi, mollo il coltello ed alla fine cadde supino. Matteo, incredulo, sforzandosi si alzò. Solo allora vide venire verso di lui Miriam.
“Grazie ti devo la vita.”
“Sono o non sono il tuo agente di supporto?” disse riponendo nella fondina la pistola.
Matteo sorrise. “Tieni d’occhio il bastardo, controllo come sta Robert.”
Alla vista della ragazza, Robert cedette alla tensione ed iniziò a piangere. Lei si inginocchiò e con un fazzoletto preso dalla tasca iniziò ad asciugargli le lacrime, bisbigliando frasi di speranza.
“Sono felice che abbia trovano una brava ragazza.” disse Gheorge girando la testa verso i due.
“Temo che non vivrai abbastanza per presenziare al loro matrimonio.”
“Ti sbagli gonnella. Tra un po’ il mio sangue smetterà di uscire e la mia ferità si chiuderà. Te l’ho già detto non è semplice uccidermi.”
Matteo prese il coltello da terra e disse “Allora rimedio subito tagliandoti la gola. Può bastare!” Gheorge rise, ma era una risata soffocata dal dolore. “Penso proprio di sì, ma prima che tu proceda, trascinami da mio figlio.”
“Perché dovrei?”
“Vuoi forse negare l’ultimo desiderio di un condannato a morte?”
Matteo guardò Gheorge, non si fidava di lui, ma alla fine acconsentì. Lo prese per le spalle e lo trascinò vicino a Robert, quel tanto che bastava per parlarsi, ma evitando che potesse toccarlo. Alla vista del padre ferito Robert provò un senso di pena, ma ricordò come aveva conciato Anne ed il sentimento svanì. “Figliolo voglio farti una confessione prima di morire?” “Chiami figliolo tutti quelli che tenti di uccidere?” Gheorge cercò di allungare un braccio, ma Matteo lo fermò “Non toccarlo.”
“Non voglio il tuo perdono o la tua pietà. In tutti questi anni ho sempre pensato solo alla vendetta e al modo di guadagnare denaro dalla formula. Non mi sono fermato davanti a nulla, te compreso. Ma Matteo ha ragione, non sarò mai libero. Dovrò sempre rinchiudermi in una prigione o per difendermi da quelli che mi vogliono morto o per ricevere protezione da quelli a cui servo vivo.”
“Ma sarebbe sempre una prigione con piscina” disse Matteo con un ghigno
“Ti sei giocato la libertà quando hai deciso di proteggere quei farabutti che chiami clienti.” disse Miriam.
Gheorge sospirò “Può darsi.”
“A cosa dobbiamo questo improvviso senso di coscienza, a cui non credo, sia chiaro?” disse Matteo.
“Quando ho visto Robert e Miriam insieme, ho pensato ai momenti felici passati con sua madre, proprio fra questi alberi e correndo sugli stessi prati. Ho capito che non esiste denaro che mi permetta di riavere quella vita. E se l’ho persa è stato solo per colpa del mio modo di vivere senza dar peso ai veri valori.”
“Belle parole” disse Miriam “peccato che non creda a nulla di quello che dici.”
“Guarda la mia ferita” disse togliendo la mano dal ventre “non sanguina più.”
Matteo vide che in effetti era così.
(Autore: Fabio Trenti)
» Epilogo (a)
“Tesoro, ti dispiacerebbe venirmi a lavare la schiena?”
La ragazza sorrideva ammiccante dalla doccia.
“Scordatelo, Jane. L’ultima volta che ti ho dato retta mi hai fatto arrivare al lavoro con tre ore di ritardo.
La sagoma della cupola di san Pietro era visibile dalla finestra della mansarda.
Jane si infilò un accappatoio crema e corse in cucina, tra le braccia di Matteo seduto a fare colazione.
“Certo che non riesci ad accettare un no come risposta, eh?”
“Da mio marito non accetto risposte negative”, ribattè la ragazza, toccandosi il ventre che rivelava uno stato avanzato di gravidanza, “e tantomeno dal padre di mia figlia”.
Quando, due anni prima, si era trovato Matteo davanti all’uscio del proprio appartamento, Jane si era sentita mancare.
Ma la sopresa più bella era stata scoprire che quella di diventare prete era stata una vocazione adolescenziale e che Matteo, in crisi già da molto tempo, aveva rinunciato ai voti prima di andarla a cercare. Tra loro era successo tutto in maniera molto spontanea. E molto veloce.
Jane si era trasferita a Roma, da dove Matteo aveva potuto continuare a seguire la vicenda della formula per curare il Burulì.
Le cellule staminali di Robert erano servite per riprodurre la cura e per diffonderla nei Paesi bisognosi. La malattia era stata sconfitta grazie ai finanziamenti del Vaticano.
Robert era diventato ricco. Aveva raccontato la sua storia in un libro che aveva venduto milioni di copie in tutto il mondo. Viveva a Berlino ma spesso capitava a Roma per lavoro.
I Von Brauser erano stati condannati all’ergastolo e l’organizzazione smantellata.
Adesso c’era solo da aspettare che la piccola Anne nascesse. E sperare che non sarebbe stata brontolona come la sua omonima.
(Autore: Barbara Gennaccari)
» Capitolo VII (a)
Dopo un saluto frettoloso interruppe la comunicazione.
Il sangue di Robert conteneva il segreto della cura. Quindi a Robert non sarebbe stato torto un capello, fino a quando gli scienziati non fossero riusciti a riprodurla. Aveva iniziato ad affezionarsi a quel ragazzo impulsivo e sanguigno. Il suono del cellulare lo riportò alla realtà.
Era l’agente di turno al centralino.
“C’è una ragazza che la cerca, dice che è importante. Dice di chiamarsi Jane”
“Passamela immediatamente”.
Gli istanti che seguirono sembrarono eterni. Una sensazione simile alla paura serrò lo stomaco dell’agente della Gendarmeria Vaticana. Trattenne il respiro. La voce di Jane, concitata ma euforica, lo tranquillizzò subito. “Ciao, avevo bisogno di parlarti: ci sono novità di cui ho ritenuto opportuno renderti informato”. “Ciao Jane. Dimmi tutto. Sei a Edimburgo?”
“Si, si, non preoccuparti, sto benissimo”.
“Parla, ti ascolto”.
“Quando sono tornata a casa, Maria, la mia compagna d’appartamento, mi ha consegnato una busta. Era una convocazione presso lo studio notarile del dottor Bride.
Sono corsa lì e mi hanno consegnato una cassetta VHS. Non puoi nemmeno immaginare cos’era”.
“Jane, così mi farai impazzire”.
“Ok, vengo al dunque”. Matteo era incuriosito. “La cassetta era di Anne e Thomas”.
“Cosa? Ne sei sicura” “Senti, lasciami finire. Ok?”. “Scusami”. “La cassetta, dicevo, era dei Redmought. Era stata affidata al notaio Bride nel caso in cui le cose si fossero messe male, con l’ordine di darmela personalmente. Molti degli indizi che Anne e Thomas avevano lasciato in giro erano soltanto delle false piste. La cassetta, invece, spiega tutto.” “Gli omicidi?”. “Si. E anche la formula”. Jane fece una pausa, conscia del potere che in quel momento esercitava sul suo interlocutore. Sapeva che Matteo era con l’orecchio incollato al ricevitore. Lo immaginava serio, con i nervi tesi allo spasimo e quell’aria accigliata che faceva di lui una persona misteriosa e affascinante. Ma era pur sempre un prete, meglio non farsi dei film. La spiegazione che seguì, lasciò Matteo annichilito. Non c’era niente di sovrannaturale in quello che ascoltò. O quasi. Anne e Thomas più di trent’anni prima avevano trascorso una lunga vacanza in Africa con i genitori di Robert e il bimbo di appena due anni.
Durante un safari fotografico la loro jeep aveva avuto un guasto e avevano trovato asilo in un villaggio. Intorno a loro si era creato subito un ambiente amichevole ed erano riusciti a vincere con facilità la ritrosia degli indigeni grazie all’ottima conoscenza che Beatrix, la madre di Robert, aveva del loro idioma. Pochi giorni dopo il loro arrivo, era accaduto un fatto strano. Un bambino, tenuto in isolamento perché colpito dalla piaga del Burulì, aveva iniziato a guarire. Le sue cellule si stavano rigenerando. Per giorni l’inspiegabile guarigione era rimasta avvolta nel mistero. Poi, una notte, svegliandosi all’improvviso, Beatrix si era accorta che dalla tenda mancava Robert. Il terrore l’aveva fatta impazzire. Aveva svegliato il marito e, insieme agli indigeni, svegliati dalle grida, avevano perlustrato il villaggio. L’avevano cercato dappertutto e Beatrix era impallidita quando l’aveva visto uscire dalla capanna dove era tenuto in isolamento Hugo. Da quelle poche parole che i due bimbi erano riusciti a mettere insieme all’intuizione della verità ci era voluto un bel po’. Robert, la sera, aveva preso l’abitudine di uscire fuori dalla capanna che li ospitava e di intrufolarsi in quella di Hugo. Vedendo il bambino solo e malato, si era impietosito ed era tornato a trovarlo ogni notte. Ed in una di quelle occasioni era avvenuto il miracolo.
Robert aveva avuto una piccola emorragia dal naso, dovuta con tutta probabilità ad una eccessiva fragilità dei capillari. Hugo, che era di qualche anno più grande di lui, aveva provato a fermare il sangue che usciva in abbondanza dalle narici dell’amico, sporcandosi le mani coperte di piaghe. Dalla mattina dopo, aveva iniziato ad avvertire sulle mani uno strano formicolio. Poi la pelle aveva iniziato a rigenerarsi e le piaghe a sparire.
Tornati in Germania, i genitori di Robert e i Redmought avevano iniziato a cercare una spiegazione scientifica per quanto era accaduto. Si erano rivolti a Von Brauser, uno scienziato amico di Beatrix, che si unì al gruppo e mise a disposizione le risorse necessarie. Dopo anni di ricerche e di esperimenti, avevano scoperto che la chiave era nelle cellule staminali di Robert. Prelevando alcune cellule dallo strato basale e mettendole in coltura con un adeguato reagente, avevano ottenuto delle cellule straordinarie, adatte a qualsiasi innesto eterogeneo. Ma c’era di più. Le cellule si rigeneravano con una rapidità incredibile. Una volta innestate, inoltre, erano tollerate senza che fosse necessario provvedere ad una terapia immunosoppressiva per evitare il rigetto.
“Ci siamo”. La voce dell’agente lo riportò al presente.
Scese velocemente dalla macchina. Sul posto erano già arrivate le squadre speciali del colonnello Huster. Scambiò un rapido cenno di saluto con l’ufficiale.
“Siamo pronti per l’incursione”.
“Procediamo”.
L’irruzione avvenne rapidamente. L’effetto sorpresa era di fondamentale importanza. Matteo ebbe appena il tempo di indossare una maschera antigas e un giubbino antiproiettile. Ci fu un conflitto a fuoco con gli uomini di Beren messi a guardia del perimetro intorno all’edificio, ben addestrati ma meno numerosi di quelli del colonnello Hauser. Gli agenti delle forze speciali se ne sbarazzarono quasi subito. Poi si precipitarono nell’immensa struttura a forma di parallelepipedo che si stagliava minacciosa di fronte a loro. Ci fu un’altra sparatoria, anche questa di breve durata. Poi il campo fu sgombrato dai mercenari di Beren e gli uomini di Hauser si impadronirono dell’intera struttura.
“Colonnello, venga, c’è qualcosa che deve assolutamente vedere”.
Il capitano Fredmann e cinque uomini armati precedettero Matteo e il colonnello, guidandoli attraverso un corridoio stretto e lungo. Lo scenario era cambiato. Quell’ala della struttura, modernissima e di recente costruzione, era paragonabile più ad una clinica specializzata che alla sede di un’organizzazione di beneficenza. L’ambiente, asettico e illuminato con fari azzurrognoli, era decisamente sinistro. Il gruppo giunse in una stanza che aveva tutta l’aria di essere un laboratorio. All’interno c’erano sei persone in camice bianco, un uomo anziano che aveva l’aria del capo. Sulla destra, accasciato su di una lettiga c’era Robert, pallido ma incolume. Ammanettata, in piedi accanto a due agenti del reparto speciale, la ragazza con il piercing. Il suo viso era una maschera di rabbia.
Matteo si precipitò dall’amico. I due si abbracciarono in silenzio.
“Dubitavo che ti avrei rivisto”, disse il giovane tedesco.
“Io, invece, ne ero sicuro”, mentì l’Agente della Gendarmeria Vaticana. “E devo farti i complimenti per aver avuto la prontezza di riflessi di lasciar cadere il biglietto da visita della Fondazione. Ci hai messi sulla strada giusta”. “In realtà, non sapevo bene cosa fosse”, rispose Robert. “Ho visto che cadeva dalla sua tasca”, e fece un cenno rivolto alla ragazza, “l’ho raccolto approfittando di un attimo di distrazione e l’ho lasciato nella stanza”.
“Siete stati davvero in gamba”, disse l’uomo con i capelli bianchi.
“La ringrazio del complimento, dottore. O dovrei dire Professor Von Brauser?”.
Nella stanza calò il silenzio. Matteo spiegò quello che Jane gli aveva riferito.
“Maledetti, avete rovinato tutto”, gemette la ragazza bionda. “Non ci aspettavamo di essere scoperti. Avete mandato in aria un piano da cento milioni di euro”.
Von Brauser, in un disperato tentativo di fuga, cercò di disarmare l’agente che lo teneva per un braccio. Quello non ci pensò due volte a sferrargli un colpo alla nuca con il calcio del fucile. Il vecchio stramazzò al suolo.
“Papà”, gridò la bionda tentando di raggiungerlo. Due agenti la bloccarono.
I presenti si guardarono tra loro.
“Meredith?”, chiese Robert, sorpreso e ancora intontito dalle porcherie che avevano continuato a iniettargli.
“E’ passato tanto di quel tempo che non sarei mai stato in grado di riconoscerti”.
Matteo insistette per accompagnare Robert in ospedale, ma il ragazzo si oppose con forza. “Ci andrò dopo, ora preferisco venire in centrale”.
Una volta raggiunta la loro destinazione, Matteo fu raggiunto da MacRyan.
“Avevi visto giusto, il nastro era stato manomesso. Nella registrazione integrale si vedono due uomini che prelevano la valigia dell’ostaggio e gli altri effetti personali. Avevano una talpa in centrale. Ma abbiamo risolto il problema”.
“Bene. Conoscendo i tuoi metodi, preferirei che tu mi risparmiassi i dettagli. C’è altro?”.
“Si. Ho parlato con il medico legale. Avevo chiesto al magistrato di disporre un supplemento di autopsia sull’agente trovato morto nella pensione e sull’agente sotto copertura. Hanno trovato tracce di un veleno rarissimo, ricavato da un insetto originario dell’Africa”.
Anche questo mistero è stato chiarito, pensò Matteo.
Non restava da spiegare che la morte di Thomas. L’anziano che l’aveva soffocato si era tolta la vita dopo poche ore. Forse si era trattato semplicemente del gesto di un folle. Forse.
mercoledì 25 febbraio 2009
In dirittura di arrivo: il Capitolo VII
» Capitolo VI (b)
» Capitolo VI (a)
martedì 24 febbraio 2009
Problemi tecnici...
giovedì 19 febbraio 2009
Colpo di scena...
Segnatevi la prossima scadenza: martedì 24 febbraio, ore 23.
Ultima cosa: se qualcuno di voi vuole proporre qualche revisione stilistica (o segnalare refusi) in quanto già pubblicato si senta libero di farlo, sempre utilizzando il mail ufficiale di questa sezione.
» Capitolo V (b)
I tre rientrarono nel cottage per analizzarla. Miriam, dal solito zaino, tirò fuori vari aggeggi elettronici.
Ci fu un nuovo cambio di agenti e Matteo ordinò di aprire bene gli occhi.
Ora che avevano il libro, erano diventati il bersaglio principale.
Mentre Miriam e Robert cercavano di aprire la cassetta, Matteo si dedicò alla lettura dei documenti arrivati da Roma.
Per sicurezza si erano messi in cucina, le uniche via d’ingresso erano la porta e le tre finestre.
“Non possiamo tagliarla !?” sbottò Robert.
“No, rischiamo di rovinare il contenuto. Meglio sbloccare la serratura”.
“In queste cose ci vuole pazienza” disse Matteo sollevando un attimo gli occhi dalle carte “prova a digitare la tua data di nascita”
Robert compose sul tastierino la data e la cassetta si aprì.
“Uomo batte macchina” disse Miriam.
Il libro sembrava appena uscito da una tipografia, la tenuta stagna aveva fatto il suo dovere.
“Come hai capito che era la mia data di nascita?”
Matteo appoggiò il fascicolo “Perché so chi è l’assassino.”
Miriam che stava uscendo dalla porta si fermò “Chi è?”
Un ombra apparve alle sue spalle e con un colpo alla nuca la fece cadere al suolo svenuta.
Robert prese il libro e corse vicino a Matteo.
L’ uomo, imponente e vestito con una mimetica nera, entrò nella stanza.
Era la stessa figura che gli aveva sparato qualche giorno prima.
I tre rimasero in silenzio fissandosi, poi Matteo guardò Robert e disse “Coraggio Robert, saluta tuo padre.”
Robert impallidì, guardò prima uno e poi l’altro “Sei pazzo, è morto anni fa”
“Invece no” aveva risposto l’ombra, togliendosi il passamontagna.
Robert riconobbe quel viso, era lo stesso della foto che aveva trovato nel pomeriggio.
“Ma tu non puoi essere vivo, tu …“ e si accasciò su una sedia.
“Accomodati Gheorge” disse Matteo “abbiamo tempo, il prossimo cambio arriverà fra tre ore e agli agenti fuori avrai già pensato tu, giusto?”
L’uomo annui e si sedette.
“Robert lascia che ti spieghi un po’ di cose, così ti puoi riprendere dallo shock.”
“Io…”
“Leggendo i fascicoli arrivati da Roma e facendo due calcoli direi che è andata così.
Il laboratorio in Germania di Anne e Thomas era stato messo in piedi con i loro risparmi e l’intervento di un privato, tuo padre. Tutto procedeva al meglio e dopo due anni di lavoro intenso, si poteva iniziare la produzione e la distribuzione della cura. Durante questo periodo Anne e Thomas ospitavano la tua famiglia qui al cottage, per staccare dal lavoro e rilassarvi. I tuoi ricordi e le foto che hai trovato lo confermano. Ma tuo padre aveva altri obiettivi, cercò di scaricare Anne e Thomas dal progetto, ma scoprì che avere il libro non era sufficiente per ricreare la sostanza. Per la parte che mancava Anne e Thomas intervenivano nel processo produttivo a memoria e non avevano passato le informazioni a nessuno. Tentò di farsi dare tutte le istruzioni, ma nulla. Anne e Thomas mollarono tutto, presero il libro e tornarono qui, in attesa di tempi migliori.
Peccato che erano già arrivate ordinazioni e soldi da certi clienti, che non furono contenti quando scoprirono di non poter più avere quanto promesso. Così uno di loro bruciò il laboratorio, con all’interno tuo padre. Ma Gheorge fu salvato da qualcuno che lo teneva d'occhio da tempo, e a cui faceva comodo che tutti lo credessero morto: i servizi segreti tedeschi.
Quando a te e tua madre fu comunicata la morte di tuo padre e l’impossibilità di recuperare il corpo, perché carbonizzato; i creditori e le banche, non persero tempo e senza scrupoli si presero i vostri risparmi lasciandovi sul lastrico.”
“Basta così!” l’uomo aveva lo sguardo furente. Matteo fece finta di nulla.
“I servizi lo fecero perché tuo padre era in contatto con grossi gruppi che gestivano il contrabbando d’armi biologiche e con organi paramilitari interessati ad utilizzare la cura sulle loro truppe. Un uomo con una capacità di rigenerarsi superiore alla media è un bel giocatolo. I servizi da anni cercavano di incastrarlo, ma lui era stato abile a nascondere le tracce. Ora se lo trovavano servito su un piatto d’argento, perché per il resto del mondo non esisteva più. Ma per mettere le mani sui suoi contatti e clienti, doveva vivere. Chiesero aiuto ad Anne e Thomas, che accettarono. Nella cascina qui a fianco Thomas preparava la sostanza ed Anne la sigillava in piccole fiale che nascondeva nei soprammobili, riponendoli sulle mensole nel vano sotto la scala. Un nostro uomo, un frate, passava di qui mensilmente, prendeva una fiala e la portava a Berlino. Spacciandola per acqua benedetta, passava inosservata e la somministrava a tuo padre. Come vedi i risultati sono stati buoni, ha l’aspetto di trent’anni fa.”
“Non capisco perché non ti abbia ancora ucciso, gonnella.” disse l’uomo.
“Chi aveva dato fuoco al laboratorio, se avesse scoperto quello che Anne e Thomas stavano facendo, non ci avrebbe pensato due volte a farli fuori, ecco perché tanta segretezza. Una volta guarito, la fornitura di fiale cessò. Tuo padre continuava a non fornire informazioni sui suoi contatti ed i servizi continuarono a tenerlo rinchiuso. Come vado fin qui?”
L’uomo non rispose.
“Ma qualche settimana fa ad un vecchio cliente, giunse la voce che Gheorge era ancora vivo, e riuscì a farlo fuggire. E come sdebitarsi con un amico che ti libera dopo decenni di prigionia, se non fornendogli in esclusiva la cura. O mi sbaglio?”
L’uomo non si mosse.
“Avendo le giuste informazioni, si recò a Roma. Lì ha ucciso il missionario e recuperato il libro.
Poi è venuto qui, ha scoperto l’agente di supporto ed ha sistemato pure lui.
Rimanevano Anne e Thomas. Quella mattina si sbarazzò di Lola, così non avrebbe abbaiato
allarmando tutti noi. Poi si infilò nella cascina aspettando il momento propizio.
Thomas era uscito, bastava entrare, catturare Anne, ammazzare gli ospiti e al suo ritorno
lo avrebbe ricattato per avere l'altro libro.
Ma qui capita un imprevisto.”
Indicando Robert disse “Tu.”
“Anche se uomo ormai, ha riconosciuto suo figlio. Così con il cellulare chiama, Anne risponde, scambiano qualche parola. A quel punto lui è già in casa e sa di preciso dove si trova lei e noi due. Aspetta nel vano e quando esce dalla cucina l’afferra. Ma vede dalla finestra l’arrivo degli agenti con Thomas, così il piano originale salta e la uccide. Torna nel vano e lascia il coltello. Quando usciamo dalla finestra dietro, spaventati dai passi di sopra, ne approfitta per salire e fuggire nella cascina.”
“Bravo” disse l’uomo “Ma se io ero nel sottoscala, chi camminava al piano superiore?”
“Nessuno. Quando siamo tornati nel vano, ho notato sul muro ricoperto dalla muffa, che in alcune parti era salata via. Come se qualcuno l’avesse preso a calci. Scommetto che facendo così rimbomba e crea l’illusione di passi.”
L’uomo non rispose.
“A quel punto si gioca tutto, spara come un pazzo, evitando te e Thomas, ma non riesce a catturarvi. Quando finiamo in prigione, per lui è troppo rischioso avvicinarsi. Così fa visita a Thomas, ma lui non parla e lo soffoca. Questa mattina, vedendoci cercare, ha pensato di evitarsi la fatica e se fosse saltato fuori il libro, sarebbe venuto a prenderselo. Ed eccolo qui infatti.”
“Vedo che da Roma hanno mandato uno bravo, peccato debba ucciderti.”
Robert guardò quel uomo, che era suo padre, ma anche un assassino e nessun pensiero girava per il verso giusto, disse solo“Papà, come hai potuto…”
(Autore: Fabio Trenti)
E questo è il secondo dei due capitoli V che abbiamo deciso di mettere in gara, ed è il proseguimento del capitolo IV (b). Avendo trovato particolarmente interessanti più di un capitolo, tra quelli pervenuti, abbiamo deciso di continuare entrambe le strade aperte in precedenza. E quindi avete due possibilità di scelta come base per il capitolo VI (il penultimo capitolo di questa storia): leggere prologo, capitolo I, capitolo II, capitolo III, capitolo IV (a) e capitolo V (a) e proseguire in quella direzione (con il maligno che vena di horror una storia inizialmente solo giallo/noir) oppure leggere prologo, capitolo I, capitolo II, capitolo III, capitolo IV (b) e capitolo V (b) e proseguire questa direzione (con la scoperta che l'assassino è il padre di Robert). Una volta fatta la vostra scelta, trasformatela in un testo tra i 3000 e i 7000 caratteri, e inviatelo sempre a bookmodena.noir@gmail.com (con la nota di liberatoria, come da regolamento) entro martedì 24, ore 23. Sappiate che in base alla qualità di quanto arriverà valuteremo se continuare un solo filone (eliminando l'altro), o se provare a "giocare" anche con il capitolo VII con due tracce distinte tra cui scegliere.
» Capitolo V (a)
“Se state guardando questa registrazione, significa che io e Anne non apparteniamo più a questo mondo. Siamo consapevoli dell’importanza della nostra scoperta e siamo pronti ad accettarne il peso e le conseguenze. La medicina in grado di curare l’ulcera di Burulì è stata ottenuta in maniera del tutto causale e non è frutto di ricerche particolari, ma di un semplice atto di Fede. Proprio la Fede ci ha portato a credere a fondo in questa scoperta e, alla fine, è avvenuto un vero e proprio miracolo. I bambini affetti da devastanti piaghe sono guariti completamente, uomini e donne sul punto di morire per l’infezione sono tornati in breve tempo a condurre una vita normale. Sono stati strappati alla morte… molte delle loro anime sono ancora su questa terra. E questo può avere dato molto fastidio a Qualcuno”.
Gli occhi di Matteo si spostarono sul volto di Anne.
“Purtroppo, uno degli effetti “collaterali” della medicina è quella di rigenerare completamente l’epidermide dei malati. E questo ha fatto gola alle grandi majors della cosmesi. La vanità, la bellezza eterna, il denaro, in luogo della solidarietà, della sofferenza, dell’umanità... Chi poteva aspirare a tanto, chi poteva irretire la mente dell’uomo con una simile promessa tentatrice, dargli quello a cui ha sempre aspirato….l’immagine dell’eterna giovinezza, se non il Grande Avversario? Per questo, abbiamo rifiutato le offerte di chiunque vedesse nella nostra scoperta un mezzo per arricchirsi e per questo siamo disposti a dare la vita per proteggerla…”.
In quel momento, qualcuno bussò alla porta. D’istinto, Matteo chiuse il portatile.
“Avanti...”
“Mi scusi, ispettore, ho in linea un tizio che dice di essere il medico legale che ha effettuato l’autopsia sul corpo di Thomas Redmought. Dice anche che è importante…”
“Passami pure la telefonata, grazie”.
Matteo attese che il telefono sulla scrivania emettesse la luce rossa di chiamata in attesa, poi sollevò piano la cornetta.
“Pronto? Sì, sono io….”
“Ti volevo confermare che la morte di Thomas Redmought è avvenuta per soffocamento. Tuttavia, in tutto questo casino, la bella notizia è che le telecamere a circuito chiuso hanno documentato l’ingresso di uno sconosciuto nella stanza di Redmought all’ora dell’omicidio. Si tratta di un anziano affetto da Alzheimer, ospitato nel nostro reparto di lungodegenza. Un tipo tranquillo, che non ha mai dato segni di aggressività. Ho chiamato gli agenti, che lo stanno già interrogando, ma non si ricorda nulla. E’ come avere a che fare con un neonato”.
“Mi stai dicendo che Thomas è stato ucciso da uno sconosciuto?”
“Esattamente, ma c’è dell’altro. Poco fa, è giunta la salma del poliziotto ucciso nel cottage, prima della fuga del tuo “amico”. Ho svolto le prime analisi tossicologiche, dal momento che il suo collega mi ha riferito che potrebbe essere stato avvelenato…”
“Sento che stai per dirmi qualcosa che non mi piacerà….”
“Non so come spiegartelo. Sembra che quest’uomo sia morto, effettivamente, per avvelenamento, ma nel suo corpo non c’è traccia di alcuna sostanza tossica. Ma non è finita…. “
“Ti ascolto…”
“Date le strane circostanze della morte di Redmought e del poliziotto, ho contattato MacNamara della Scientifica e gli ho fatto qualche domanda riguardo alla morte dell’agente sotto copertura, il finto turista, insomma. Anche lui presentava i sintomi di avvelenamento, ma nel suo corpo non è stata trovata traccia di sostanze tossiche…”
“Ho capito, ti ringrazio John, le tue informazioni mi saranno molto utili”.
Matteo ripose la cornetta al suo posto e rimase in attesa, pensieroso. Come per ricevere un aiuto che potesse ispirarlo si portò la mano al collo e, da sotto la camicia, estrasse il piccolo crocifisso dorato che portava al collo, dal quale non si separava mai. In quel momento, si ricordò di essere anche un sacerdote, oltre che un ispettore della Gendarmeria Vaticana in missione segreta per conto di Sua Santità. Perso nei suoi pensieri, automaticamente riaprì il portatile. Il video lasciato da Thomas e Anne era terminato e, ora, sullo schermo stavano scorrendo immagini di un villaggio africano. Doveva essere la missione dove i Redmought erano vissuti e dove avevano portato a compimento la scoperta, che avrebbe causato la loro morte. Erano immagini di una comunità in festa, dove la popolazione locale ed i missionari si mescolavano tra loro in un’atmosfera di gioia e fraternità. Tuttavia, tra i volti sorridenti di sconosciuti che gli stavano sfilando davanti, gli parve di riconoscere un viso familiare. Fermò la riproduzione e tornò indietro, cliccando sul fermo immagine. Non ci poteva credere. Era proprio lui… Robert. Ed era esattamente come lo aveva visto l’ultima volta. Eppure, il video risaliva, almeno, a vent’anni prima.
Il filmato della festa si interruppe. Matteo stava per scollegare la chiavetta Usb dal PC, quando, sullo schermo, apparve di nuovo il volto sorridente di Anne.
Lo stava guardando dritto negli occhi, come se si stesse rivolgendo proprio a lui.“Non c’è nessuna formula misteriosa per curare la piaga di Burulì... I due volumi nei quali abbiamo riportato tutti i nostri studi non sono quelli definitivi. Gli ingredienti segreti sono l’Amore, la Fede e la reliquia di Nostro Signore Gesù Cristo...”
(Autore: Manuela Fiorini)
Questo è il primo dei due capitoli V che abbiamo deciso di mettere in gara, ed è il proseguimento del capitolo IV (a). Avendo trovato particolarmente interessanti più di un capitolo, tra quelli pervenuti, abbiamo deciso di continuare entrambe le strade aperte in precedenza. E quindi avete due possibilità di scelta come base per il capitolo VI (il penultimo capitolo di questa storia): leggere prologo, capitolo I, capitolo II, capitolo III, capitolo IV (a) e capitolo V (a) e proseguire in questa direzione (con il maligno che vena di horror una storia inizialmente solo giallo/noir) oppure leggere prologo, capitolo I, capitolo II, capitolo III, capitolo IV (b) e capitolo V (b) e proseguire quella direzione (con la scoperta che l'assassino è il padre di Robert).
Una volta fatta la vostra scelta, trasformatela in un testo tra i 3000 e i 7000 caratteri, e inviatelo sempre a bookmodena.noir@gmail.com (con la nota di liberatoria, come da regolamento) entro martedì 24, ore 23. Sappiate che in base alla qualità di quanto arriverà valuteremo se continuare un solo filone (eliminando l'altro), o se provare a "giocare" anche con il capitolo VII con due tracce distinte tra cui scegliere.
sabato 14 febbraio 2009
Pronti per il capitolo V?
» Capitolo IV (b)
“Buon giorno Robert, dormito bene?” chiese Matteo, quando l’altro lo raggiunse, accompagnato da un agente, nell’atrio della stazione di polizia.
“Sì non c’è male, sono riuscito perfino a fare una doccia.” rispose Robert, cercando di sorridere.
“Bene.”
“Ah” aggiunse il tedesco abbassando la voce “come mai qui in centrale ora ti salutano tutti, capitano?”
“Temo che la mia copertura sia saltata. Poco male ormai.”
“Senti… stavo pensando a quello che mi hai detto ieri”
“Dimmi pure”
“Se l’uomo che ha ucciso Anne e Thomas è lo stesso che ha fatto fuori il missionario, ora dovrebbe avere i due libri giusto?”
“No, non è così. Ieri, prima di portare Thomas in ospedale, gli ho rivelato chi ero e gli ho chiesto di affidarmi il libro. Ma non ha voluto, garantendomi però che era ancora al sicuro.”
“Quindi dobbiamo trovarlo. Torniamo al cottage.”
Matteo guardò Robert scuotendo la testa.
“L’unica cosa che devi fare tu è la valigia. Poi parti verso casa tua, con il primo treno. L’assassino non sembra avere scrupoli e non ti voglio in giro.”
“Eh no, darò il mio contributo, è il minimo che possa fare per Anne e Thomas.”
“Non se ne parla.”
Robert incrociò le braccia, poi un apparve un sorriso “Va bene, fai come vuoi, ma ti ricordo che conosco quella casa meglio di te e a meno che tu non voglia smontarla pezzo per pezzo, ti consiglio di farmi rimanere.”
Matteo sembrò combattuto. Scosse di nuovo la testa, ma poi dopo un minuto in silenzio disse “Va bene. In effetti hai probabilmente ragione. Ma devi stare con me in ogni momento, chiaro?”
Robert annuì e Matteo lo fece salire su una macchina a noleggio parcheggiata a poco distanza.
Quando i due ragazzi arrivarono al cottage, tre agenti stavano piantonando l’edificio.
“Salve ragazzi, tutto bene questa notte, niente da segnalare?”
“No capitano, tutto normale. Non si è avvicinato nessuno.”
“Ed ha smesso pure di piovere “ aggiunse un altro indicando il cielo.
“Molto bene. La centrale manderà il cambio tra poco.”
“Bene, grazie.”
I due ragazzi entrarono nel cottage, dove tutto sembrava sottosopra. Ma nella zona dove Anne era stata uccisa era ben visibile la macchia di sangue e per terra c’erano vetri ovunque.
Robert distolse lo sguardo e il suo sguardo sembrava velato.
“Matteo tu sai quando faranno i funerali?” chiese.
“Non ne ho idea. La loro morte è ancora coperta da segreto. Non vogliamo i media al momento. E devono fare l’autopsia a Thomas. Ci vorrà qualche giorno.”
“Poveracci, assassinati e nemmeno un funerale.”
Matteo spalancò le braccia, come per dire che non poteva farci nulla.
“Robert tu inizia a cercare dal piano superiore, io controllo questa zona. La scientifica è già passata, quindi possiamo spostare e toccare tutto quello che vogliamo.”
“Hanno trovato nulla?”
“Se fosse così non saremmo qui, giusto?”
“Già. Iniziamo a cercare. Ma tu hai almeno una idea di come sia questo libro?”
“Nessuna, temo che dovremo controllare ogni centimetro di questa casa.”
I ragazzi spostarono mobili, quadri, vecchi tomi, insomma tutto, ma non trovarono nessuna traccia del libro.
Dopo una mezz’ora videro una volante arrivare. Era il cambio per gli agenti di guardia, ma con loro scese anche una ragazza bruna, vestita con un paio di jeans, una felpa ed un giaccone.
Aveva portato un thermos di caffé e delle ciambelle. E dopo aver lasciato tutto agli agenti entrò in casa.
“Matteo? Ci sei?”
“Sì, Miriam, vieni, sono cucina. Scendi anche tu Robert.”
Quando il tedesco raggiunse Matteo vide che la ragazza stava passando una valigetta all’altro ragazzo.
“Ho fatto le ricerche che mi avevi chiesto” disse lei girandosi verso Robert “dentro trovi il fascicolo su di lui, ma ormai penso non serva. Ah, c’è anche quello che hai chiesto da Roma.”
“Meglio tardi che mai. Aspettavo notizie ieri mattina, ma non mi hanno chiamato.”
“Sai come vanno queste.”
“Ehi un momento” sbottò Robert “cos’è questa storia del fascicolo su di me? E questa qui chi è?”
La ragazza, gli sorrise, gli si avvicinò e, senza dire nulla, gli diede un bacio sulle labbra.
“Non dirmi che ti sei già dimenticato della ragazza che hai abbordato l’altra sera al pub. Potrei offendermi sai.”
“Al pub? Io… ma tu… sei quella con la maglia dei Joy Division?”
“Esatto”
“Ma quanta birra avevo bevuto? Ti ricordavo bionda, con il piercing, mini gonna e top. Ora sei bruna, e non hai neppure più l’anello… “
La ragazza sorrise.
“Non sai che a noi ragazze piace trasformarci?”
“Ma chi sei? Non dirmi che lavori anche tu per il Vaticano ?”
“Sono un agente di supporto a Matteo. Il mio compito era quello di avvicinarti, prendere le tue impronte digitali, prelevare del dna e raccogliere il maggior numero di informazioni su di te. E devo dire che è stato un vero piacere. Ma ora, tranquilli, vi lascio al vostro lavoro. Ci vediamo dopo.”
“Hai fatto colpo, eh?” disse Matteo sorridendo, una volta uscita Miriam.
“Un cavolo, non mi piacciono le ragazze alla 007. E cos’è questa storia! Impronte e dna?”
“L’altra sera a fine serata si è portata via il tuo bicchiere della birra, con sopra le tue impronte e dentro la tua saliva e, da quel che mi ha detto, ti sei rimediato anche un bacio. Hai sentito, per lei è stato un piacere.”
“Fai sparire quel sorrisetto dalla faccia e dimmi perché vuoi informazioni su di me?”
“Procedura standard. Quando sono arrivato e ti ho trovato come ospite al cottage, dovevo recuperare tutte le informazioni possibili. Per quello che ne sapevo, potevi essere tu la persona che stavamo cercando.”
Robert ci pensò un attimo “Sì, logico. Ma farmi fregare da una ragazza non è corretto”
“Preferivi che fossi io a baciarti?”
“Cretino”
Cercarono per altre due ore, ma Robert sembrava turbato. In un cassetto aveva trovato una vecchia foto di lui da bambino assieme ad Anne, Thomas, sua madre e suo padre.
Alla fine Matteo lo chiamò e gli disse “Robert ormai abbiamo controllato tutto, manca solo una cosa.”
“Lo so, il vano, speravo di non doverci tornare.”
“Temo che ci toccherà.”
I due aprirono la porta segreta. E questa volta Robert premette un interruttore all’interno e una piccola lampadina illuminò la stanza.
Sulle parete di sinistra solo mensole vuote, compresa quella su cui era stato appoggiato il macete.
Su quella di fronte macchie di muffa, sul lato degli scalini nulla e sulla parete di destra un foto ingiallita di Anne e Thomas durante un picnic in campagna.
Matteo fissò la foto “Guarda Robert, la tovaglia è apparecchiata per tre. Anne, Thomas e quello che ha scattato la foto. Chi sarà?”
“Io. L’ho scattata un giorno di primavera”
“E dove?”
“In un posto qui vicino.”
Matteo staccò la foto dal muro “Andiamoci subito, forse è una traccia.”
Quando i due uscirò dalla porta Miriam stava parlando con un agente.
Matteo la prese per un braccio.
“Forse abbiamo una traccia, hai con te l’attrezzatura?”
“Certo. Ho il mio zaino standard.”
“Bene, prendi da scavare e il metal detector. E la radio. Non voglio sorprese”
Miriam poco dopo tornò quanto richiesto.
I tre si avviarono verso il bosco, con Robert in testa.
A circa un chilometro dal cottage, la comitiva si fermò.
“Direi che ci siamo.”
Matteo prese la foto e dopo aver fatto un confronto e qualche passo disse “Il punto da cui hai scattato è qui, la posizione e la distanza degli alberi combaciano”
Miriam senza attendere oltre accese il metal detector e iniziò a setacciare l’area. Poco dopo qualcosa iniziò a suonare.
“Confermo, c’è una scatola di metallo proprio sotto i miei piedi.”
Matteo e Miriam presero allora due pale pieghevoli e iniziarono a scavare.
Robert intanto ne approfittò per fare un giro lì intorno, ma ad un tratto si fermò.
“Robert vieni, abbiamo trovato la scatola.” gli urlò Matteo.
“Anche io ho trovato qualche cosa.” rispose Robert.
Un cane giaceva sotto ad un albero con il ventre squartato.
“Ho trovato la Lola” disse Robert.
Questo è il primo dei due capitoli IV che abbiamo deciso di mettere in gara. Come è capitato per il capitolo I avete quindi due possibilità di scelta come base per il capitolo V - questo o quello di Barbara Gennaccari. Leggete prologo - capitolo I, II e II, poi entrambi i capitoli IV e scegliete quello che vi piace di più. E proponete un seguito. Sempre con un testo tra i 3000 e i 7000 caratteri, che va poi sempre inviato a bookmodena.noir@gmail.com (con la nota di liberatoria, come da regolamento) entro giovedì 19, ore 23.
» Capitolo IV (a)
“Non capisco”, esordì il tedesco, “se quello che cercano è il volume, che bisogno c’è di lasciarsi dietro tutti questi cadaveri?”.
“E’ come se l’assassino stesse improvvisando”, disse Matteo, parlando più a se stesso che al compagno, “come se non stesse seguendo un piano logico. O come se un imprevisto l’avesse costretto a modificare il suo modus agendi”.
“Dobbiamo tornare in casa”, esclamò Robert “il volume deve essere ancora lì”.
“Non credo”, lo interruppe l’agente del vaticano “qualcuno lo avrebbe notato. E poi, dopo che siamo stati portati via, ho dato l’ordine di ispezionare la casa. E’ stata rivoltata da cima a fondo e non è saltato fuori nient’altro che soprammobili e libri di vecchie ricette. Robert era nervoso.
Un agente entrò nella stanza. Sembrava turbato. Si avvicinò a Matteo, gli disse qualcosa all’orecchio e uscì silenziosamente.
Matteo si scusò con Robert ed uscì dalla stanza. “Puoi andare, un collega ti accompagnerà a prendere le tue cose e poi resterà a tua disposizione nella pensione che ti abbiamo riservato. Finchè questa storia non si sarà chiarita, è meglio non perderci di vista”
“Hai paura che scappi?”, chiese Robert con una smorfia
“No, vorrei evitare di dover chiedere al magistrato di disporre l’autopsia di un amico”, rispose Matteo prima di richiudersi la porta alle spalle.
La ragazza lo aspettava nella sua stanza, in piedi vicino alla finestra.
Aveva i capelli biondi e sottili e dei grossi occhiali da sole. Era spaventata e tremava.
Matteo le fece cenno di sedersi.
“Posso farti portare qualcosa di caldo?”
“No, grazie, preferisco parlare del motivo per cui sono venuta”.
Matteo si sedette di fronte a lei.
“Ti ascolto”
“Mi chiamo Jane”, esordì la ragazza.
“Ho conosciuto Anne e Thomas perché erano amici dei miei genitori. Quando mia madre e mio padre si sono separati, trascorrevo più tempo con Anne che con la mia famiglia. Poi ci siamo persi un po’ di vista quando sono andata a studiare ad Edimburgo”. Fece una pausa.
“Mi sono laureata in ingegneria informatica”.
Matteo iniziò a spazientirsi, ma non lo diede a vedere. Non capiva come tutto questo potesse avere una correlazione con gli accadimenti delle ultime ore.
Jane sembrò percepire l’impazienza del suo interlocutore.
“Anne mi chiese di riportare su di un supporto informatico le informazioni contenute nel volume”.
Matteo si fece attento.
“Ho riportato tutto qui”, proseguì la ragazza, e gli allungò una chiavetta Usb.
“Credo sia giusto darla a te. Il volume è stato bruciato”.
“Fammi capire”, le chiese l’agente “Anne e Thomas non conservavano alcuna copia del contenuto?”
“La chiavetta la custodiva Anne. Fino a qualche giorno fa. Poi L’altro ieri mi ha telefonato e mi ha pregata di passare da loro. Aveva paura, era agitata. Non ha voluto dirmi niente. Mi ha solo pregata di prendere la chiavetta e tenerla al sicuro. Lontano da casa”.
“Sai se aveva ricevuto minacce?”
“Credo di no, però non posso escluderlo”.
Poi Jane si alzò in piedi.
“Tornerò ad Edimburgo oggi stesso”.
“Grazie Jane”.
“Puoi sdebitarti soltanto trovando quel bastardo che li ha uccisi. Erano due brave persone, non meritavano di finire così”.
Una volta solo, iniziò a riflettere. C’era qualcosa che non tornava, un particolare che non riusciva a mettere a fuoco.
Aveva ordinato a due agenti di portargli il registro degli ospiti di casa Redmought.
Il cane. Ecco il particolare che gli era sfuggito. Lola era stata ritrovata mentre si aggirava tranquilla nelle vicinanze. Quel vecchio cane testardo era stato attirato da qualcuno che conosceva, non c’era dubbio. Era stato addestrato a non prendere cibo dagli estranei ed era noto per il carattere poco socievole. E poi c’era un altro dettaglio che lo turbava. Aveva la sensazione che Robert gli nascondesse qualcosa. E chi era la ragazza con il piercing? Che ruolo aveva in questa storia?
Lo squillo del telefono lo fece trasalire.
Alzò la cornetta. Poi impallidì: Robert era sparito. Lo stavano chiamando dalla pensione. L’agente che era andato a dare il cambio, aveva trovato la porta aperta e la stanza vuota. Il collega era a terra, morto. Sembrava fosse stato avvelenato. Non c’erano segni di lotta e mancavano gli effetti personali di quello che Matteo aveva creduto essere un amico.
lunedì 9 febbraio 2009
» Capitolo III
“I rinforzi che aveva chiesto Patterson” pensò.
Fermò di colpo l’auto e scese alzando le mani.
Dopo una rapida inversione, le due volanti lo raggiunsero.
Matteo non oppose nessuna resistenza e non pronunciò nulla per tutto il viaggio che lo portò alla centrale.
Anche Robert, pur svenuto, fu portato in centrale.
I due ragazzi vennero messi in due celle separate e distanti tra loro, affinché non si potessero parlare.
Robert si svegliò con un gran mal di testa ed il fatto di trovarsi in cella, non si stupì più di tanto.
Era passato un medico a medicargli la botta, nulla di grave. Sdraiato sulla branda, aspettava di essere interrogato. Ma cosa poteva dire? Aveva pensato a mille storie, ma tutte portavano ad una conclusione sola: lui aveva ucciso Anne, sul coltello c’erano le sue impronte.
Forse in qualità di cittadino straniero, poteva godere di qualche attenuante o quanto meno, essere processato in patria. Potersi difendere utilizzando la propria lingua è sempre un vantaggio.
I suoi pensieri furono interrotti da un rumore di passi.
“Ecco ci siamo” pensò “questo è l’inizio della fine”.
Una figura si fermò davanti alle sbarre.
Robert inspirò profondamente “Eccomi agente, sono pronto a rispondere alle sue domande. Tanto so già che non mi crederà.”
“Perché non dovrei crederti, lo so che sei innocente.”
A quelle parole Robert aprì gli occhi e guardò in faccia l’uomo, era Matteo.
“Matteo!”
Il ragazzo sorrise e fece un cenno con il capo.
“Ma che diavolo ci fai lì?!”
“Sono venuto a prenderti o preferisci stare in cella?”
“Non capisco” disse mentre si alzava.
“In realtà sono un agente della Gendarmeria Vaticana”
“Che cosa! E cosa c’entra il Vaticano in tutto questo?”
“Se avrai pazienza di seguirmi risponderò alle tue domane e tu alle mie, d’accodo ?”
“Ok”
Matteo aprì la cella e i due dopo aver percorso alcuni corridoi, entrarono in una stanza.
La classica da interrogatorio, tavolo centrale, quattro sedie, vetro scuro che copriva una parete e nessun altro oggetto. La luce del tramonto entrava da una finestra alta dal suolo un paio di metri.
“Siediti Robert, non ti impressionare per la stanza. Non sei accusato di nulla, era l’unico posto tranquillo che ho trovato per parlare”
“Ora Matteo, spiegami cosa sta succedendo, ti prego.”
“Quello che sto per dirti è riservato, se una sola parola finisce al di fuori di questa stanza, verrai accusato di omicidio e finirai il resto dei tuoi giorni in carcere, ci siamo capiti?”
“Chiaro.”
“Tutto risale a 30anni fa. A quel tempo Anne e Thomas svolgevano ricerche in Costa d’Avorio, presso una missione. Stavano cercando una cura per la piaga di Burulì. Dopo anni di studi, scoprirono una sostanza che poteva curare le ulcere della pelle, ma non solo, i tessuti così trattati non subivano gli effetti dell’invecchiamento. Anne temeva che questa sua scoperta non venisse utilizzata per curare i malati, ma impiegata nella preparazione di prodotti per la cosmesi. Infatti, appena furono pubblicati i primi studi, ricevette una serie di offerte più o meno educate, per così dire, per aggiudicarsi il brevetto. Per tutelare la sua scoperta Thomas ed Anne raccolsero i loro appunti in due volumi, uno lo affidarono al responsabile della missione ed uno lo portarono via con loro. Solo chi li possiede entrambi può creare la sostanza.”
“Ok Matteo, quindi il tipo di questa mattina stava cercando uno dei libri. Un attimo, mi stai dicendo che Anne e Thomas pur potendo creare la cura, hanno lasciato morire delle persone per 30anni? Non ti credo, non lo avrebbero mai fatto.”
Matteo, preferì sedersi prima di continuare.
“A tutte le case farmaceutiche che si offrirono per produrre la cura, Thomas chiedeva un impegno scritto e di pubblico dominio, affinché producessero gratuitamente la sostanza, fino alla totale distruzione della piaga a livello mondiale. Solo a questa condizione avrebbero ceduto la formula e concesso di utilizzarla anche nella cosmesi. Ma nessuna casa accettò mai. Andarono in Germania, con fondi privati e tutti i loro risparmi, costruirono un laboratorio per produrre la sostanza, ma fu incendiato. La decisione di Anne di bloccare il progetto fu sofferta, ma sperava che prima o poi qualcuno avrebbe accettato la loro condizione. Non si aspettava un silenzio così lungo.”
Matteo sospirò e riprese il racconto.
“Hai ragione, l’uomo stava cercando il libro. Due settimane fa il missionario che custodiva l’altra metà è stato trovato assassinato. Era presso un istituto romano, dove trascorreva la sua vecchiaia. Ci aveva riferito del plico da tempo, ma nel suo alloggio non l’abbiamo trovato. Così siamo intervenuti, mandando uno dei nostri qui per sorvegliare Anne e Thomas. Ma purtroppo …”
“Per uno dei nostri intendi dire tu?”
“No, era il turista che stanno cercando da tre giorni. Non avendo ricevuto il solito rapporto quotidiano, mi hanno incaricato di sostituirlo e sono arrivato qui direttamente da Roma.”
“Cavolo, questa si che è una storia. Se non rischiassi l’ergastolo, farei fatica a crederti.”
“Ora è il mio turno, da quanto tempo frequenti il cottage e soprattutto come facevi a sapere del vano?”
“Ormai sono anni che vengo qui. I miei genitori mi ci portavano da bambino. A loro piaceva andare a caccia di mostri, come dicono da queste parti. Da allora Anne è diventata una zia acquisita e così quando posso vengo qui e mi fermo per un pò. Sono arrivato due settimane fa.
Per quello che riguarda il vano, Anne me lo mostrò tanti anni fa. Giocando a nascondino ci rifuggiamo lì dentro, mentre Thomas ci cercava per tutta casa. Mi disse che l’usava per nasconderci i soprammobili più preziosi che aveva. Ma non gli ho mai dato troppa importanza … fino ad oggi.”
“Considerato che abbiamo trovato quella specie di macete su una mensola, forse era proprio così.”
“Ma dimmi, Thomas come sta?”
“L’abbiamo portato in ospedale ed è sorvegliato per motivi di sicurezza. Il fisico regge, ma lo shock è stato forte. Ad ogni modo nulla di cui preoccuparsi, per fortuna.”
“Ma come mai è arrivato al cottage con i poliziotti?”
“Anne quella mattina, mentre ci preparava la colazione, ha visto qualcuno infilarsi nella cascina. Così ha chiamato Thomas sul cellulare per avvisarlo.”
“Non poteva avvisare te?”
“Ma per Anne e Thomas ero un semplice ospite.”
“Capisco. Il tutto però non mi torna?”
“Anne non era la prima volta che segnalava improbabili ladri, che miravano ai suoi preziosi soprammobili. Così quando capitava, gli agenti si presentavano armati, facevano un po’ di scena e la tranquillizzavano. Scroccavano un caffé e rientravano in centrale.
Così questa mattina gli agenti sono arrivati armi in pugno, pronti per la solita scena, ma ahimé questa volta Anne aveva ragione e hanno perso la vita.”
“Però da come parlavano con Thomas, mi sembravano molto agitati per una recita?”
Matteo scoppiò in una risata.
“Robert era solo rugby”
“Cosa?”
“Stavano discutendo della partita di rugby di ieri sera, a quanto pare non erano d’accordo su un fuorigioco. Me l’ha riferito Thomas.”
Robert rimase basito.
Si sentì bussare alla porta, un agente entrò.
“Capitano, Thomas è stato assassinato in ospedale. Morto per soffocamento.”
(Autore: Fabio Trenti)
Tra le possibili tracce che abbiamo ricevuto abbiamo deciso di scegliere quella di Fabio Trenti, autore del Capitolo I. E dopo un crescendo iniziale, in cui non sono mancati da subito i colpi di scena, ecco che la storia inizia a svelare qualcosa sul background. Non sappiamo ancora chi ha ucciso Anne, ma sappiamo perché. E iniziamo a scoprire anche qualcosa della vita di Matteo e Robert. Questo capitolo III segna quindi una sorta di punto di svolta. Tenendo conto che la data di chiusura progetto è fine febbraio (o comunque i primi di marzo) e che ci sono solo altri 4 capitoli a disposizione bisogna che tutto cominci a prendere una direzione netta.
Chi vuole contribuire a questo romanzo collettivo ne tenga conto, e si ricordi che deve andare avanti da questo punto, mandando il capitolo seguente (il Capitolo IV) entro e non oltre le ore 23 del 14/2 a bookmodena.noir@gmail.com
Per vostra comodità, qui potete trovare tutto il materiale proposto fino a questo momento, già in formato RTF, zippato.
mercoledì 4 febbraio 2009
» Capitolo II
“Come fa a essere qui?” sibilò
“Lo chiedi a me? La situazione si fa sempre più tragica. Se non troviamo il modo di andarcene siamo belli che spacciati. Ma che stai facendo?” chiese Robert.
“Cerco”
“Che diavolo cerchi?” sbottò Robert che, inconsapevolmente, aveva alzatola voce.
Dall’esterno Thomas, gli occhi vitrei, iniziò a tastare la parete, quasi si fosse dimenticato come si aprisse il sottoscala. I polpastrelli sfregavano sul legno liscio. I due ragazzi all’interno si fecero ancora più piccoli schiacciandosi sempre più contro la parete.
“Cerco la via da cui è scappato l’assassino” sussurrò Matteo.
Robert lo squadrò come se si trovasse in presenza di un marziano.
“Non ti sembra strano che l’arma del delitto sia qui. Pensa alle tempistiche: Anne è stata pugnalata e nel tempo in cui l’assassino è salito al piano di sopra, noi siamo arrivati dall’altra stanza. Abbiamo addirittura, o almeno lo abbiamo pensato, sentito il colpevole aggirasi nelle camere.”
“Quindi?”
“Come quindi? Spiegami, secondo te, come farebbe uno, che non sa del sotto scala, a nascondere l’arma qui e scappare nel tempo di un respiro.”
“E’ molto veloce?”
“Bella battuta. La logica farebbe pensare che si sia nascosto qui come noi, e che da qui sia poi scappato”.
Il ragionamento di Matteo in effetti, nonostante un piccolo lato oscuro, non faceva una grinza.
Attenti a non fare troppo rumore i due iniziarono a setacciare l’angusto sottoscala finché il suono pieno di alcuni spari non riportò, rapidamente, la loro attenzione all’esterno.
Thomas era a terra raggomitolato nell’angolo opposto all’ingresso del sottoscala: l’uomo, tremante, si teneva la testa fra le mani.
“Dobbiamo uscire da qui” fece Matteo appoggiando le mani sulla porta.
“Sei impazzito? Fuori stanno sparando. Io non esco”.
“Senti Robert, se usciamo molto probabilmente verremo arrestati, ma se rimaniamo qua e quello che spara è il nostro assassino, che oltretutto sa del sottoscala, direi che potremmo finire anche peggio”
Senza attendere oltre Matteo schizzò fuori e, rimanendo basso, si accovacciò al fianco di Thomas.
Robert uscì poco dopo, col coltello in mano quando, contemporaneamente, la porta d’ingresso si aprì e si richiuse con un gran tonfo. Uno degli agenti che i due avevano sentito si era buttato dentro la casa.
Pistola alla mano e schiena appoggiata alla parete più vicina lanciò un’occhiata a cercare Thomas.
Quando vide Matteo, con le mani sulle spalle dell’uomo, e Robert, in piedi rivolto verso di lui con il coltello in mano, l’agente puntò l’arma.
“Non è come sembra” disse Robert.
“Adesso non ho il tempo di appurare ciò che è e ciò che sembra, pertanto getta il coltello. E tu mettigli questa” ordinò l’agente lanciando una fascetta di plastica in direzione di Matteo mentre Robert appoggiava, lentamente, il coltello a terra.
“Con la fascetta che devo farci?”
“Mettila ai polsi del tuo amico, con le braccia dietro alla schiena. E tu non provare a fare scherzi.”
Matteo ubbidì, mentre l’agente, tenendolo sotto tiro, si avvicinò per vedere come stesse Thomas.
L’uomo, ancora raggomitolato, era impassibile. L’agente lo fece alzare.
“Thomas mi senti? Frank è morto. Qualcuno, nascosto nella cascina, l’ha ucciso”.
“Lo stesso che ha ucciso Anne” aggiunse Matteo.
“Questo è ancora tutto da vedere. E potrebbe comunque essere un vostro complice. E ora sedetevi a terra, e attendiamo i rinforzi.”
Il poliziotto esitò solo un attimo, poi, sollevò Thomas e gridò “Tutti fuori” tenendoli sotto tiro.
La pistola puntata era già un ottimo incentivo ad ubbidire all’agente quando poi, i vetri della casa iniziarono a esplodere, trasformando l’aria in cascate di cristallo, nessuno dei quattro ebbe più il minimo dubbio: era il tempo di abbandonare il Cottage Redmought.
Corsero fuori: Robert, con le braccia bloccate dietro alla schiena, stava basso procedendo come un ariete mentre l’agente, la cui targhetta portava inciso il nome Patterson, e Matteo sospingevano Thomas sorreggendolo dai due lati.
Un’ampia distesa scoperta divideva la casa dal bosco e un lungo vialetto alberato portava alla strada dove i due poliziotti avevano lasciato l’auto. I quattro correvano senza voltarsi, inseguiti dal rombo dei proiettili e dall’ombra incappucciata di una longilinea figura.
Uno dei colpi schiocco accanto a Matteo. Subito Thomas si fece più pesante mentre Patterson cadeva a terra.
“Robert pensa a Thomas” urlò Matteo mentre rallentava spingendo avanti l’uomo.
Robert accostò Thomas continuando a correre.
Patterson era a terra. Senza indugiare, sentendo l’ombra avvicinarsi, Matteo frugò le tasche del poliziotto e prese le chiavi dell’auto e la pistola: l’ombra era sempre più vicina.
Retrocedendo Matteo esplose un colpo nella sua direzione mancando il bersaglio.
La figura si arrestò chinandosi sul poliziotto. Matteo non vide cosa accadde, era troppo teso e concentrato sull’allontanarsi e sul non essere raggiunto per prestare attenzione alla scena. Solo il sospirato grido di Patterson aveva raccontato di come l’ombra lo avesse finito.
La macchina della polizia era ormai davanti al gruppo, all’ingresso del vialetto.
Robert sospinse Thomas costringendolo ad accelerare negli ultimi metri. Purtroppo però l’enfasi della spinta fece perdere l’equilibrio a Robert che scivolò. Nella caduta il ragazzo, non potendosi proteggere con le mani, aveva colpito violentemente il paraurti del mezzo.
Stramazzato al suolo e sanguinante, il giovane non dava segni di vita.
Matteo fu su di loro pochi attimi dopo. Aprì la macchina.
Ancora una volta l’ombra che aveva perso terreno li stava raggiungendo. Avevano alcune decine di secondi di vantaggio prima di rientrare nuovamente nella gittata della sua arma.
“Thomas entra nell’auto” disse Matteo.
L’ordine, secco e perentorio, ridiede la lucidità necessaria a Thomas per sedersi, lentamente, sui sedili posteriori . Matteo sollevò Robert da terra. Era svenuto ma vivo. Matteo si mosse oltre lo sportello del passeggero, sparando alcuni colpi alla rinfusa, nella speranza di rallentare l’inseguitore.
Deposto l’amico e chiusa la portiera fu costretto ad aggirare la macchina della polizia tenendosi basso: l’arma dell’ombra aveva ricominciato a sparare con cadenza regolare.
Matteo si lanciò sul fianco del guidatore, infangandosi. Da quella posizione aprì lo sportello: due colpi rimbalzarono contro la lamiera. Seduto al posto di guida Matteo accese la macchina. Rimanendo sdraiato, con la testa in grembo a Robert, diede gas. La macchina sgommò in retro marcia. Matteo sentì un rumore: qualcuno o qualcosa aveva tentato di aggrapparsi alla carrozzeria.
Sulla strada inserì la prima accelerando. Gli ultimi colpi esplosi dalla pistola si erano infranti sul lunotto posteriore che aveva retto l’impatto. Quando rialzò la testa da sotto il cruscotto Matteo lasciò andare lo sguardo allo specchietto retrovisore: l’ombra immobile puntava ancora l’arma nella loro direzione.
(Autore: Leila B.)
Tra le possibili tracce che abbiamo ricevuto abbiamo deciso di scegliere quella di Leila B., che riprende la vicenda dal punto in cui Fabio Trenti l'aveva lasciata con il suo Capitolo I (ora ufficiale). In questo caso però Leila B. è l'unica "vincitrice", senza "ballottaggio" per decidere il migliore Capitolo II. Quindi la storia prosegue esattamente come avete avuto modo di leggere. E la situazione diventa sempre più difficile per i nostri Matteo e Robert.
Chi vuole contribuire a questo romanzo collettivo deve quindi andare avanti da questo punto, mandando il capitolo seguente (il Capitolo III) entro e non oltre le ore 23 del 9/2 a bookmodena.noir@gmail.com
Per vostra comodità, qui potete trovare tutto il materiale proposto fino a questo momento, già in formato RTF, zippato.