martedì 3 marzo 2009

» Epilogo (b)

Tony Miles appoggiò il bicchiere sul tavolino. Il ghiaccio tritato, sotto il caldo sole di Acapulco, si scioglieva rapidamente. 
L’uomo si sistemò sul lettino. La piscina, all’attico del Excelsion, riservata interamente per loro era piena di ragazze in bikini e di uomini d’affari.
Un giovane uomo dall'alta figura di gli si avvicinò sorridente.
Miles ricambiò il sorriso.
"E' buono il cocktail?" chiese lui
"Non il miglior mojito che abbia bevuto: accettabile direi"
“che ne dici di un brindisi?”
“Perché no. A cosa vuoi brindare?”
“Alla morte di Gheorge e Tony, la nostra morte, e alla nuova e prospera vita di Samuel e John, la nostra nuova vita”
“Non potrei fare brindisi migliore”
I due bicchieri tintinnarono. Quando Gheorge si allontanò, richiamato da uno dei loro acquirenti Tony rimase ad osservarlo. Non credeva che ci fossero riusciti. Seppure era passato molto tempo da allora aveva ancora ben scolpite nella mente gli attimi che erano stati il motore del loro successo. Se si concentrava riusciva ancora a sentire l’odore umido della bosco dietro il cottage dei Redmought.
Matteo e Miriam erano in piedi davanti a Gheorge con la pistola puntata. Il prete stava per premere il grilletto, ma lui era stato più rapido. Piazzare il proiettile nella spalla di Matteo era stato un gioco da ragazzi per uno che aveva vinto il bronzo alle olimpiadi. Di Miriam non avevano bisogno, per questo fu poco clemente nei suoi riguardi. La ragazza non ebbe nemmeno il tempo di voltarsi che il proiettile le aveva già tolto la vita.
 “Miles? Ti credevamo morto” disse Matteo incredulo vedendolo sbucare dalla fitta boscaglia.
“Era quello che dovevate credere. Ho inscenato la mia scomparsa perché volevo liberarmi di voi. Delle pressioni che ricevevo dal Vaticano e da quegli stupidi rapporti che dovevo compilare ogni santo giorno. E’ bastato stare buono per un po’, il tempo necessario ai giornali per divulgare la notizia della mia scomparsa. Sapevo che la Santa Sede avrebbe mandato qualcun altro. Non pensavo mandassero te. Comunque il tempo che hai impiegato a ricomporre i pezzi del puzzle è stato più che sufficiente a permetterci di organizzarci”
“Perché l’hai fatto Mails? Ti tenevano tutti in considerazione ed eri un uomo stimato in Vaticano”
“La stima e gli elogi non ti danno da vivere Matteo. Al contrario l’accordo che ho fatto con lui mi renderà estremamente ricco.”
“Matteo non dispiacertene” disse Gheorge che con fatica si era rialzato da terra. “Tony ha sempre lavorato per noi, fin da quando lo mandaste qui. Ha abbracciato la nostra, la mia, causa a Roma. Per poco non mi uccise fuori dalla casa di riposo. La sua glock premeva contro la mia nuca. Mi avrebbe ammanettato e portato in Vaticano se non fosse stata per la sua avidità. Gli raccontai della montagna di soldi che avremmo potuto fare. Subito non mi credette: fu piuttosto brutale in quel frangente. Allora gli proposi un accordo: avrebbe tenuto in custodia il libro, per cui avevo ucciso, per un giorno in cambio della mia immediata liberazione. In quel tempo gli dissi che l’avrei convinto. Seppur scettico accettò la mia proposta: infondo aveva comunque portato a termine parte della sua missione recuperando lo scritto dei Redmought.  Quando lo chiamai, la sera del giorno seguente, per farmi restituire il manoscritto lui fu ben lieto di ridarmelo e di aiutarmi nella ricerca del secondo tomo. Era bastato un versamento di quattrocentomila euro su un conto in svizzera a suo nome per fargli cambiare idea. Quando poi venne a sapere che il Vaticano aveva intenzione di sorvegliare i Redmought, due anziani tedeschi legati al missionario morto, Tony si offrì volontario.  Fu proprio in quei giorni che ci rincontrammo e che decise di sparire dalla circolazione. Io avevo bisogno di qualcuno che pianificasse la fuga e che risolvesse quei problemi imprevisti che sarebbero potuti sorgere nel portare a termine la missione. Forse non hai ben chiaro che le persone con cui abbiamo contatti non scherzano. Volevo essere sicuro di portare a termine l’incarico e recuperare i libri a qualsiasi costo. Come vedi la prevenzione è stata molto utile.”
“Perché mi racconti tutto questo?” chiese Matteo.
“Perché sei stato bravo. Miles mi aveva avvertito su di te. Mi aveva detto che se ti avessero mandato a sostituirlo il gioco si sarebbe fatto più duro. Se stato un buon antagonista. Hai scoperto più di quanto avresti dovuto e in pochissimo tempo. Mi sembrava giusto, prima di ucciderti, chiudere il quadro della storia.”
Gheorge si limitò a un cenno della testa. La pistola di Tony Miles fumava ancora quando Matteo cadde a terra ai piedi dell’amico.
“Di lui che ne facciamo?”
Robert era impietrito. Sotto shock per la morte dei suoi due compagni e per le ferite subite sembrava una larva. Tremando come una foglia si spinse sempre più contro il tronco dell’albero che aveva alle spalle.
“Robert un po’ di coraggio figlio mio. Vederti così mi fa solo star male. Sembri un animale, non un uomo. Ho cercato di tenerti al sicuro dandoti l’opportunità di decidere per la tua vita. Tu però hai continuato a fare di testa tua immischiandoti nei miei affari, rifiutando sempre il mio aiuto, e sai che cosa ne guadagnerai da tutto questo? Solo la morte figlio mio. Solo la morte. Uccidilo Miles, è l’unico testimone che ancora ci può identificare”
Robert era terrorizzato. Tentò di allontanarsi strisciando, dolorante verso il cottage, verso quei passi che si erano fatti sempre più vicini: il terzo colpo, sparato da Miles, colpì Robert alla testa. 
La fuga dal bosco non fu semplice. La polizia aveva sguinzagliato i cani. 
Tony ricordò la corsa sfrenata e i colpi sparati alla rinfusa alle loro spalle. 
Furono braccati per alcuni chilometri. Se non fosse stato per loro lungimiranza non se la sarebbero cavata. Avevano lasciato un’auto, una vecchia vauxhall, in una piccola radura usata come discarica e collegata alla strada principale da un viottolo sterrato: quando i poliziotti arrivarono loro se ne erano già andati. Abbandonata l’auto si dovettero nascondere per diversi giorni nella zona portuale di Inverness, in attesa di potersi imbarcare sulla Varking, un mercantile diretto ad Oslo. Passarono tutto il tempo libero in animate conversazioni telefoniche. La sera dell’imbarco furono venuti a prendere da  tre marinai mandati dal capitano Joren, fidatissimo uomo associato all’organizzazione. 
Durante il viaggio verso Oslo Gheorge attraverso internet monitorava le informazioni.
Qualcuno aveva messo a tacere tutto. Nella campagna di Inverness si cercava un uomo accusato di aver ucciso quattro persone i cui corpi erano stati trovati in un bosco nella periferia della città: non vi erano foto segnaletiche o sospetti. Erano riusciti a far perder le loro tracce. Giunti ad Oslo, in clandestinità, attraversando la Danimarca, fino a giungere senza complicazioni la Germania. In patria Gheorge poteva contare su amici fidati e sull’appoggio dei loro mandanti che, oltre alla protezione, gli fornirono un modernissimo laboratorio e un’equipe di abili ricercatori. In un anno di ricerche, nascosti nella periferia di Dresda, Gheorge aveva condotto nuovi esperimenti prendendo spunto dagli appunti scritti nei libri dei Redmought, riuscendo a perfezionare la formula. I risultati furono eccezionali: la rigenerazione dei tessuti si era espansa alle cellule portando a un progressivo ringiovanimento sia estetico che organico. Gheorge con l’uso costante del siero ringiovanì. Completata la sperimentazione Gheorge aveva ceduto i suoi segreti in cambio di due conti in svizzera e di due nuove identità. Lasciarono l’Europa decisi a non tornare mai più, e partirono per Acapulco.
La ragazza che lo fissava distolse Tony dai suo pensieri.
“Che ne dici ci facciamo un bagno?”
“Se sei tu a chiedermelo tesoro non posso di certo rifiutare”
La ragazze lo prese per mano e, insieme si tuffarono in piscina.
Uscito dall’acqua Tony guardò il cielo, limpido e sereno di Acapulco.
Era finalmente libero e l’unica cosa che gli rimaneva da fare era vivere.



(Autore: Simone Covili)

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